“Credo che il grande errore nelle scuole sia di cercare di insegnare ai bambini un po’ di tutto, e di usare la paura quale motivazione di base. Paura di essere bocciati, di non restare con la tua classe, etc.
L’interesse invece può produrre conoscenza che in proporzione alla paura è una esplosione nucleare rispetto ad un petardo.”
S.K.
S.K. sta per Stanley Kubrik. Non ci si aspetterebbe forse che un uomo che ha espresso il suo talento e la sua genialità in forme d’arte puramente visive, possa avere idea di come dovrebbe essere l’istituzione scolastica.Eppure lui come altri non addetti ai lavori, un pensiero in merito lo hanno espresso. Forse a dimostrazione del fatto che l’educazione e la crescita culturale dei nostri figli è questione che riguarda tutti perché è un argomento che appartiene al buon sviluppo di una collettività e alla speranza di vedere un giorno realizzarsi una società equa e sana.
La nascita della moderna versione di “scuola”, un’istituzione quindi codificata, socialmente riconosciuta come unica fonte di formazione culturale, atta a creare individui efficienti e facilmente inseribili nei tessuti produttivi ha origine ai primi del XIX secolo quando la formazione dei primi stati nazionali e il maggior peso politico dei borghesi convinse la classe dirigente della necessità di offrire alla popolazione un’istruzione, quale modo per permettere la nascita di un sentimento nazionale e la condivisione dei valori della modernità. Le nuove fabbriche necessitavano sempre più di operai che fossero perlomeno in grado di leggere e scrivere e per questo si investì molto sull’istruzione pubblica. L’insegnamento di maggiore importanza in tutte le scuole fu quindi l’alfabetizzazione e il ruolo del maestro fu visto come centrale in quanto formatore di persone.
Se tutto ciò è facilmente comprensibile quando lo si legge come un breve spaccato della nostra storia, diventa invece inaccettabile se si pensa che ancor oggi questo è il senso che soggiace al moderno approccio accademico.E nulla conta se ormai sta prendendo piede in misura sempre più evidente la necessità di una visione alternativa e creativa rispetto a questo modello, perché persiste nella natura del decisore e cosa ancor più preoccupante, nella natura del fruitore, la falsa convinzione che la scuola debba essere un luogo di privazione.Privazione della libertà, della fantasia, dell’autonomia espressiva, dell’esperienza come mezzo di accrescimento. Privazione quindi dalla possibilità di un sano percorso mirato al rafforzamento di personalità distinte e uniche. Perché “l’autonomia” e “la diversità” sono ancor oggi concetti che spaventano.
Se ci si ferma a pensare un attimo alla giornata di un qualsiasi studente si osserva che da un’ora all’altra si è chiamati a settare la propria attenzione su argomenti che spesso non richiamano nessun reale interesse. Si passa da una materia all’altra, da un contesto all’altro, e spesso da un’insegnante all’altra senza che ci sia alcuna continuità, nessuna conseguenzialità e nessuna specifica attenzione all’individuale coinvolgimento e alla personale capacità/volontà di apprendimento.
Eppure tutti dovremmo aver chiaro che l’efficacia di un percorso è spesso data dall’armoniosa successione dei livelli di raggiungimento della meta che ci si prefigge…
Non si dovrebbe quindi, almeno valutare la possibilità che un bambino possa iniziare ad apprendere la realtà che lo circonda prima di tutto imparando ad osservarla e a relazionarsi con essa, magari attraverso forme di gioco e di esperienza diretta?Non potrebbe essere utile iniziare a riflettere sul fatto che all’interno di un sistema scolastico evoluto le propensioni individuali debbano rivestire un’importanza specifica e che i bambini dovrebbero progredire al proprio ritmo, piuttosto che dover perseguire obiettivi standard? Il ruolo dell’educatore non potrebbe quindi essere quello di cogliere le peculiarità individuali e lavorare in maniera tale da non soffocarle in ragione di un’identità di massa?
Queste sono tutte domande che per ora non trovano risposte nel modello che ci viene proposto, modello poi che porta in sé una problematica se possibile ancor più seria: il rischio di una forte dipendenza da agenti esterni. Che essi siano poi i voti, il castigo, la promozione o la bocciatura, i complimenti dell’insegnante o il rimprovero del genitore poco conta perché ormai la scuola si è trasformata nell’immagine riflessa del bambino che viene attraverso questi parametri codificati giudicato e valutato e tutto questo ancor prima che la sua indole, che il suo carattere si formi del tutto.Ciò crea fragilità, confusione e ricerca di certezze e risposte nei luoghi che vengono deputati a tale scopo, perché mai è stato mostrato loro che ognuno è responsabile anche del proprio sapere e del proprio benessere. Ci ritroviamo ragazzi attraversati da un forte senso di inadeguatezza, perché costantemente sottoposti ad un processo che li incasella in categorie qualitative e che per affermare la propria capacità competitiva, avvertono spesso il bisogno di confrontarsi con l’altro soprattutto attraverso forme di prevaricazione.
Non ha minore importanza il tempo che viene dedicato a tutto questo e che è moltissimo. Non c’è spazio per la possibilità di esplorare e vivere le proprie passioni, le proprie inclinazioni naturali che sono da relegare appunto all’extra tempo scolastico. Perché quasi nulla di ciò che è connaturato all’indole del bambino viene stimolato e lasciato libero di palesarsi nelle ore trascorse tra i banchi di scuola. Le conseguenze di questa realtà danno origine a ciò che vediamo sempre più spesso nei nostri figli, e che non sappiamo definire o spiegare. Piccole nevrosi, iperattività o eccessiva indolenza, aggressività, ansia..cose che ci spaventano e ci preoccupano, ma che hanno in molti casi un’origine legata alle numerose pressioni che i bambini subiscono fin dai primi anni di vita scolare.
Oggi quindi spetta a noi chiederci se siamo disposti ad accettare il rischio di contribuire alla creazione di una nuova generazione di adulti ipocreativi, problematici, pavidi al cospetto dei loro stessi desideri, infarciti di ogni genere di senso di colpa e privi in maniera drammatica e ineluttabile di quella conoscenza di cui ci parlava Kubrik. Quella conoscenza che nasce dall’interesse reale per tutto ciò che ci circonda, dalla curiosità di indagare il proprio specifico talento. Quella conoscenza che è diritto di tutti, perché cessa di essere una scala sulla quale arrampicarsi nella speranza di essere il primo o magari l’unico ad arrivare al gradino più alto, ma che può diventare un immenso tavolo circolare intorno al quale tutti possono trovare il loro posto.
Di tutto questo, e del necessario approfondimento, si parlerà al Centro del Loto nell’incontro con Erika Di Martino , Sabato 26 ottobre alle ore 17.30.
http://www.centrodelloto.it/ai1ec_event/educazione-parentale-sfida-cambiamento/?instance_id=