Ripercussioni Fisiologiche delle Respirazioni Yogiche
Nelle respirazioni yogiche, con utilizzo preciso e controllato della cintura addominale e del diaframma, lo studio delle modificazioni di pressione sanguigna riveste grande importanza per la comprensione della fisiologia degli esercizi respiratori yoghici e per quanto riguarda la fioritura spirituale.
I processi yoghici indirizzati al risveglio delle energie primarie sono principalmente caratterizzati da due fattori. Essi implicano, sia l’allungamento della colonna vertebrale, dei suoi nervi e dei suoi annessi, nonchè la particolarità di attrarre una grande quantità di sangue verso i tessuti situati attorno alla spina dorsale, in particolare nelle regioni pelvica e lombare. Nelle respirazioni yogiche (con il controllo del ventre e del diaframma) lo stiramento della colonna vertebrale è realizzato manipolando il diaframma contratto, specialmente mediante i due prolungamenti fibrosi del duomo diaframmatico collegati colle vertebre lombari. I veri pilastri della volta diaframmatica.
Dopo un’inspirazione profonda quanto possibile, al momento in cui il diaframma è contratto al massimo e occupa la sua posizione più bassa, esso è respinto verso l’alto dai muscoli grandi dritti (al centro dell’addome) che comprimono le viscere. Questa spinta é contrastata dal diaframma contratto e dai suoi due pilastri collegati alle vertebre lombari. In tal modo, viene esercitata una trazione continua sulla colonna vertebrale e sulle sue parti adiacenti.
Vediamo così che l’alta pressione intraddominale, creata nella respirazione Yoga dall’azione e reazione delle parti anatomiche come dalla trazione verso l’alto dei due collegamenti della volta diaframmatica, è un fattore del risveglio dell’energia vitale.
Mantenere il controllo del ventre e del diaframma durante la respirazione yoghica accentua considerevolmente la DIFFERENZA DI PRESSIONE nel tronco, cioè tra l’addome e l’aria ambientale nel torace, quindi nei polmoni. In realtà, la lotta tra diaframma che si abbassa e cintura addominale che resiste agisce direttamente sugli organi addominali ma non influenza il torace.
Internamente torace e ventre sono separati dalla volta diaframmatica, ma questa é attraversata da condotti, particolarmente la vena cava inferiore che raccoglie il sangue venoso dello stadio subdiaframmatico del corpo, cioè principalmente di tutti i visceri addominali. E’ proprio mediante la vena cava inferiore che la pressione intraddominale trova il suo sfogo. Se comprimiamo un pallone pieno di liquido, la pressione in esso aumenta, ma se questo pallone é attraversato da un tubo sboccante verso l’alto, la pressione fa zampillare il liquido. L’addome si comporta come questo pallone, il tubo è la vena cava inferiore.
La pressione esercitata sulle viscere addominali mediante la lotta tra diaframma e muscolatura addominale propelle il sangue venoso dei visceri dell’ambito subdiaframmatico verso l’ambto toracico.
Il sangue venoso, invece di stagnare nei visceri, zampilla attraverso il diaframma verso il cuore, che l’invia ai polmoni, dove si sbarazza del suo eccesso di CO2 e degli altri scarti, ricaricandosi di ossigeno e prâna. Tutto accade come se il torace aspirasse letteralmente il sangue dello stadio inferiore e questa suzione è proporzionale alla differenza di pressione tra i livelli. La respirazione yogica, accelera notevolmente la circolazione di sangue venoso nell’addome e, in fin dei conti, in tutto l’organismo. Grazie a questo potente attivatore, masse di sangue stagnante sono riciclate, purificate nei polmoni, e riiniettate nella circolazione generale: esse vanno a rivitalizzare l’intero organismo.
Inoltre, tornando al cuore, stabilito che – ahimè! – la metà delle popolazioni industrializzate è minacciata da disturbi cardiovascolari (infarto, ecc.) ci dobbiamo chiedere se questa respirazione non è pericolosa per i cardiaci. NO, AL CONTRARIO, perché l’abbassamento del diaframma sgrava il cuore: in nessun momento questo è compromesso. L’attivazione della circolazione venosa di ritorno alleggerisce il suo lavoro. Questo è il motivo per cui le numerose ricerche mediche a riguardo affermano: “Le respirazioni yogiche sono uno dei migliori esercizi per i cuori fragili e per i polmoni indeboliti. Quando le tecniche sono ben comprese, e se queste sono ben applicate, danno risultati meravigliosi”.
Si precisa tuttavia che i malati cardiaci e le persone con polmoni fragili devono stare molto attenti ed essere prudenti nei confronti delle ritenzioni di respiro.
Si potrebbe obiettare che se la superpressione nell’addome caccia il sangue venoso, verso l’alto attraverso la vena cava inferiore, questa stessa superpressione deve frenare l’afflusso di sangue arterioso discendente nel ventre attraverso l’aorta addominale per alimentare tutto lo stadio subdiaframmatico del corpo. I due effetti dovrebbero annullarsi.
In realtà, non e così. Più precisamente tanto per cominciare, dato che il sangue circola in un circuito chiuso, ogni accelerazione di erogazione in un qualsiasi punto del circuito accelera la circolazione in tutto il reticolo. Successivamente, la surpressione intraddominale non appiattisce l’aorta perché le arterie hanno una tunica abbastanza rigida per resistere meccanicamente a un tale aumento di pressione. Il cuore non deve fornire uno sforzo accresciuto per propellere il sangue verso la parte bassa dell’addome compresso, perché il sangue arterioso è quasi aspirato negli organi al seguito del sangue venoso spinto verso l’alto. Così il cuore lavora nelle migliori condizioni.
Gli effetti e le ripercussioni fisiologiche della respirazione qui elencate, sono state valutate e studiate da due posizioni:
le abitudini respiratorie occidentali che coinvolgono solo il torace e solo parte della capacità del torace,
le tecniche yogiche respiratorie, invece, che partono da un controllo preciso del ventre e del diaframma e poi coinvolgono tutta la capacità toracica.